Gli ideogrammi giapponesi costituiscono un sistema di scrittura completamente differente da quello alfabetico, utilizzato dalla quasi totalità delle lingue del mondo.
Proprio per la sua profonda diversità rispetto alle lingue occidentali, la traduzione dal giapponese è una delle più complesse (e pertanto più costose) che si possano richiedere a un traduttore professionista.
Le principali caratteristiche degli ideogrammi giapponesi
La scrittura giapponese deriva direttamente da quella cinese, a causa della vicinanza geografica tra i due paesi. I cinesi “importarono” il proprio sistema di scrittura in Giappone nel VI secolo dopo Cristo, precisamente nel 552 (o nel 538). In una prima fase i caratteri giapponesi, o kanji, non venivano utilizzati per scrivere in lingua giapponese, ma solo per veicolare la lingua cinese, considerata una lingua d’eccellenza, conosciuta principalmente dai letterati.
Paradossalmente è stata la lingua giapponese ad adattarsi, nel corso dei secoli, ai kanji cinesi: alla fine del processo si è generata una lingua composta da 4 sitemi grafici, che integra cioè l’utilizzo di kanji, due scritture sillabiche (hiragana e katakana) e l’alfabeto latino. Le scritture sillabiche e l’alfabeto latino vengono utilizzate sempre più spesso nella lingua giapponese scritta, dal momento che servono a integrare nel linguaggio parole e nomi stranieri o onomatopee (che indicano ad esempio i versi degli animali).
Nonostante questo, i kanji vengono ancora utilizzati ampiamente, dal momento che sono molto efficaci per distinguere le parole omofone, cioè quelle parole che pur avendo il medesimo suono hanno significati differenti. Infine, i kanji permettono di esprimere concetti complessi in modo estremamente sintetico: questa caratteristica costituisce allo stesso tempo la forza principale di questo tipo di scrittura e la difficoltà maggiore contro cui lottano i traduttori di ogni paese del mondo.
La complessità della scrittura giapponese
Il sistema scolastico giapponese insegna ai bambini e ai ragazzi delle scuole l’utilizzo di 1945 kanji. La difficoltà del memorizzare tutti i kanji è dovuta non soltanto all’enorme numero di kanji esistenti, ma anche alla complessità grafica di ogni singolo kanji. Fortunatamente, solo la metà dei kanji esistenti viene utilizzata nel linguaggio comune.
Per indicare i cognomi vengono creati kanji unici, che indicano solo ed esclusivamente la parola per cui sono stati creati: questo aumenta praticamente a dismisura la possibilità di imbattersi in un kanji sconosciuto.
Software per tradurre gli ideogrammi giapponesi
Negli ultimi anni sono comparsi online numerosi traduttori automatici di kanji giapponesi che permettono di tradurre velocemente la scrittura in ideogrammi. Addirittura, le app più moderne da scaricare sugli smartphone hanno messo a punto un sistema di riconoscimento per immagini che consente al software di individuare e riconoscere i kanji senza la necessità di inserirli attraverso la tastiera, ma semplicemente inquadrandoli con la fotocamera del device. Naturalmente questo tipo di programmi per tradurre ideogrammi è efficace e funzionale soltanto per un utilizzo limitato nel tempo e per la traduzione di singole parole o testi molto brevi.
Una traduzione efficace di un testo complesso dal giapponese a qualsiasi altra lingua, infatti, può essere realizzata soltanto da un traduttore esperto, che sia in grado di limare e correggere gli inevitabili errori commessi da un traduttore automatico ma anche di comprendere le sfumature di registro, importantissime all’interno della cultura giapponese, estremamente gerarchica e legata all’utilizzo di regole sociali rigorose. Tradurre un dialogo tra due personaggi di un romanzo utilizzando un tono troppo formale o, al contrario, troppo poco formale, sarebbe un errore imperdonabile!